Esterovestizione

Esterovestizione: introduzione

Con la risposta ad istanza di interpello “ordinario” (ex. art. 11, c. 1 lett. a L.212/2000), n. 27/2022, l’Agenzia delle Entrate esprime la propria opinione in merito alla corretta interpretazione della disciplina sull’esterovestizione, ex. art. 73 co. 5-bis. La fattispecie oggetto di interpello riguardava una società fiscalmente residente in uno stato estero ed avente ad oggetto un’attività produttiva; la società era amministrata da un Cda formato da un presidente, residente nello stato italiano nonché socio ed amministratore della società controllante italiana; ed un consigliere residente nello stato estero della società istante.

La situazione viene di seguito rappresentata graficamente con uno schema:

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Esterovestizione: inquadramento normativo del fenomeno

La disciplina prevista dall’art. 73, co. 3, 5-bis è finalizzata a contrastare il fenomeno delle c.d. esterovestizioni societarie; ossia di quelle strutture societarie fittiziamente localizzate all’estero; in particolare in quelle giurisdizioni che offrono un trattamento fiscale più vantaggioso rispetto a quello previsto a livello nazionale, ove il soggetto effettivamente vive ed opera.

La disciplina è normata dal legislatore tributario all’art. 73 del Tuir, al comma 3 e 5 bis.

All’art. 73, co. 3, Tuir è stabilito che sono considerati residenti in Italia ai fini delle imposte sui redditi le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o dell’amministrazione o l’oggetto sociale nel territorio dello stato italiano.

All’art. 73, co. 5-bis, è stabilito che “salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello stato la sede dell’amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’art. 2359, primo comma del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a e b del comma 1, se in alternativa: a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’art. 2359 c.c., primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello stato; b) sono amministrati da un Cda composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello stato.

Esterovestizione: risposta agenzia entrate

Il requisito principale per far scattare la presunzione relativa in materia di esterovestizione è che la società estera possieda una partecipazione di controllo, di diritto o di fatto, nella società italiana. In assenza del requisito del controllo non opera la presunzione legale relativa. E quindi viene meno la sussistenza, alternativa, dei requisiti previsti dalla norma tributaria (controllo del soggetto da parte di soggetti residenti o maggioranza di membri del Cda residenti nel territorio italiano). In particolare l’amministrazione finanziaria risponde all’istante stabilendo che sulla base delle informazioni fornite dal contribuente (ossia che lo stesso non detiene partecipazioni di controllo in società residenti in Italia), viene meno il primo requisito previsto dalla norma per l’applicazione della disciplina sull’esterovestizione.

Considerazioni

Più interessante sarebbe stato che l’agenzia rispondesse al secondo quesito volto al carpire se la condizione di prevalenza dei consiglieri residenti nel territorio dello stato sia qualificabile come una prevalenza quantitativa o qualitativa. L’agenzia ha glissato la risposta sancendo che l’assenza del requisito del controllo risulta assorbente rispetto al secondo quesito posto nell’istanza e pertanto ha ritenuto non applicabile la disciplina dell’esterovestizione alla fattispecie oggetto dell’istanza di interpello.


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