Manager frontaliero con fiscalità svizzera

Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18009/2022, affronta la questione che coinvolge un manager frontaliero, di una società manifatturiera italiana, con casa e famiglia in Canton Ticino (Svizzera). Il motivo del contezioso riguarda il principio della corretta individuazione del paese che deve esercitare la potestà impositiva; intesa come giurisdizione fiscale competente (i.e. italiana o svizzera) ad attrarre a tassazione i redditi prodotti dal manager italiano e residente in svizzera.

Secondo l’agenzia delle Entrate, sempre disattesa nei vari gradi di giudizio, il criterio del centro degli affari del manager e le sue entrate italiane dovrebbero guidare il legislatore nella scelta della giurisdizione competente.

Diversamente, secondo i giudici di secondo grado e la Cassazione, la scelta della giurisdizione deve essere guidata dalle Convenzioni Ocse e dai trattati stipulati tra Italia e Svizzera in materia di doppie imposizioni.

Manager frontaliero: Le Convenzioni Ocse e Convezioni contro le doppie imposizioni

La Convenzione Ocse rappresenta di fatto la base di riferimento delle convenzioni internazionali siglate dall’Italia con i vari stati esteri. Le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sono trattati internazionali con i quali i Paesi contraenti regolano l’esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti.

In base all’art 4 della predetta convenzione i criteri che devono utilizzare le giurisdizione per individuare la residenza di un contribuente sono, a cascata:

  • L’abitazione permanente;
  • Il centro degli interessi vitali inteso come centro d’affari ed interessi personali;
  • La dimora abituale, inteso come soggiorno abituale;
  • La cittadinanza;

Qualora nessuno di questi elementi sia chiaro, prosegue la convenzione, gli stati interessati dovranno risolvere amichevolmente la questione.

L’orientamento della Corte di Cassazione

Il contribuente aveva prodotto nei vari gradi di giudizio la documentazione atta a comprovare l’abitazione permanente e il proprio centro di legami familiari e personali nel territorio elvetico.

In particolare, il contribuente aveva prodotto: l’attestato di iscrizione all’Aire; il contratto di mutuo d’acquisto della casa in Ticino; la documentazione attestante la scuola frequentata dal figlio in Zurigo; la copia del contratto di lavoro della moglie (Lugano); infine copia delle bollette e utenze della casa acquistata in Ticino.

Tali documenti erano sufficienti per le commissioni tributarie (provinciali e regionali) ma non per l’Agenzia delle Entrate.

Secondo la Cassazione la potestà impositiva di uno stato non deve prescindere dalla valutazione non solo degli interessi economici, ma anche degli interessi personali, intesi come quelli riguardanti le relazioni personali del contribuente. Inoltre la Cassazione censura l’operato dell’amministrazione che nei suoi ricorsi non ha considerato i dettami della Convenzione OCSE e le disposizioni inerenti le Convenzioni contro le doppie imposizioni Italia Svizzera.


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