Circolazione del marchio aziendale
- 31/08/2022
- Posted by: nicolaforner
- Categoria: Bilancio e Contabilità, Cessione, Operazioni straordinarie

Il marchio, è quel segno distintivo aziendale idoneo a distinguere prodotti o servizi, regolato dal codice civile dall’art. 2569; il marchio può essere trasferito o concesso in uso a terzi, singolarmente oppure insieme al complesso aziendale. La circolazione del marchio aziendale ha dei riflessi tributari dal punto di vista delle imposte dirette ed indirette. Se la questione dal punto di vista delle imposte indirette è stata chiarita dall’agenzia delle entrate (a più riprese) dal punto di vista delle imposte dirette, per quanto riguarda il trasferimento dalla sfera privata a quella imprenditoriale, la questione resta ancora aperta in quanto manca una disposizione di legge che inquadri il corretto trattamento tributario.
Circolazione del marchio aziendale: cessione del marchio e trattamento ai fini Iva
La cessione o il conferimento del marchio, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del dpr 633/72, costituisce una prestazione di servizi se effettuata verso un corrispettivo, e quindi rileva ai fini Iva. Se invece il marchio è ceduto o conferito nell’ambito di una più ampia operazione di riorganizzazione aziendale (come la cessione o il conferimento) l’operazione è esclusa dall’ambito di applicazione IVA ai sensi dell’art. 2 comma 3 del dpr IVA. Questo accade perché il trasferimento del marchio viene assorbito nel più ampio trasferimento dell’azienda con conseguente applicazione unitaria della disciplina fiscale, la quale prevede l’irrilevanza dell’operazione ai fini IVA e in secondo luogo l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale sul valore complessivo dell’azienda. Non mancano però argomentazioni contrastanti, si veda Cass. 4974/2003.
Cessione del marchio e trattamento ai fini dell’imposta sui redditi
La circolazione del marchio all’interno della sfera imprenditoriale non crea problematiche ai fini delle imposte dirette in quanto l’operazione è considerata prestazione di servizi ed è imponibile secondo il principio di attrazione nel reddito di impresa. Diversamente, qualora il marchio sia detenuto e registrato dalla persona fisica, l’eventuale trasferimento dalla sfera privata alla sfera imprenditoriale non è oggetto di chiara identificazione tributaria. In assenza di una disposizione di legge che regolamenti la vicenda l’amministrazione finanziaria in più occasioni (ris. 81/E/2007 e 30/e/2006) ha cercato di adottare un approccio di carattere estensivo, stabilendo che la cessione del marchio debba essere qualificata tra i redditi diversi ex. 67, comma 1, lettera l). Contrariamente si veda CTR Veneto 524/2019, CTP Bari 2112/2019, le quali hanno sostenuto che in presenza di un vuoto normativo il corrispettivo derivante dalla cessione di un marchio debba essere ritenuto fiscalmente irrilevante.
Circolazione del marchio aziendale: Concessione del marchio in licenza d’uso
Il marchio detenuto e registrato dalla persona fisica, oltre ad essere ceduto, potrebbe essere oggetto di concessione in licenza d’uso ad una società. L’operazione è fiscalmente conveniente in quanto per la persona fisica l’importo incassato concorrerebbe a tassazione nella misura del 75% (o 60% nel caso di persona fisica con età inferiore ai 35 anni). Inoltre sulle royalties la persona fisica non sconta alcun obbligo previdenziale. Purtuttavia non sempre la registrazione del marchio è scevra di rischi. Gli errori più comuni da evitare sono quello di registrare a titolo personale un marchio utilizzato da tempo dall’azienda ovvero quello di registrare il marchio a titolo personale ma di sostenere come azienda i costi di pubblicità e propaganda.
Altro errore è il mancato rispetto del principio di inerenza del costo in bilancio; per sfruttare le royalties sui marchi l’imprenditore deve provare alternativamente che attraverso l’uso del marchio la merce aumenta valore nel mercato ovvero che grazie all’utilizzo del marchio il numero di vendite aumenta.
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